Un viaggio di venti ore in pulmann. All’inizio funziona
tutto come avevi programmato, tiri fuori i libri, ascolti musica, guardi fuori,
scambi due parole con il vicino se è simpatico e non dorme, mangi, sorridi. Poi
qualcosa s’intoppa. È notte e le luci vanno e vengono. Gli occhi semichiusi
accendono di colpo meditazioni inaspettate.
Non ho paura del buio. Mi spaventa di più la luce. Al
buio non vedo, non sono visto. Al buio immagino, creo con il pensiero e
costruisco mondi e realtà a me affini. Al buio riesco a sognare meglio. Quando
la luce si accende, di colpo, brucia tutto lasciando una definita e incalzante
realtà. I castelli creati svaniscono e i sogni crollano lasciandomi nudo
dinnanzi a me e dinnanzi a chi guarda. Un bambino metterebbe le mani dinnanzi
agli occhi seguendo il teorema che “se
non vedo non mi vedono”, ma ormai qui non funziona più così. La solitudine
alla luce è più pesante che al buio, dove si popola di visitatori. La solitudine alla luce è graffiante e non
sente giustificazioni.
La luce si accese, e forse fui proprio io a farlo. Mi
ritrovai solo, con poche cose in mano, quasi nulla, o forse proprio il nulla…ed
iniziai a pensare. Ricordai e sognai molto alcuni volti, sino a rendermeli
familiari, come fossero amici, in realtà non li conoscevo così tanto. Anzi. Ma
li portai con me, nel mio buon buio per così tanto tempo. Alcuni ora li posso
incontrare solo lì, poiché alla luce non ci sono più. Altri ci sono eppure è
come se non ci fossero mai stati, alla luce. Con loro ho come un rapporto
esclusivo al buio. A volte fra quei volti trovo anche il mio. Sorprendente. La
nostra interiorità non ha veramente confini di nessun tipo. Da diversi anni anche
il tuo, di volto, popola i miei spazi senza luce.
Il pulmann mi fa sbatacchiare a destra e sinistra la
testa, non trova pace. Non ho mai comprato i cuscini fatti apposta per dormire
in treno e in pulmann e ora me ne pento. Dannazione a me. Penso a quel mio
amico a cui piace una ragazza e non sa che fare chiedendo consigli a me. Io,
per non deluderlo, ho provato a dirgli qualcosa…ma che ne so io? Tutto quello
che potevo sbagliare con le ragazze l’ho sbagliato, a volte ritirando testa,
gambe e coda dentro al mio guscio. Quel poco che penso di aver capito è meglio
che lo tengo per me perché se tanto porta a tanto è un bluff anche quello. Di
conseguenza mi viene anche in mente quel dolce sorriso che adoro guardare da
anni ormai, solo che quando ho provato ad accarezzarlo si è sciupato un po’, o
almeno così mi è sembrato e non ho più provato…forse è proprio per questo che
io non ho mai capito niente delle donne, con loro bisogna insistere, invece io
non insisto mai…ma se i fiori non sei capace di portarli via con te, allora
dovrai accontentarti dei ricordi…
..se non mi
hai sentito arrivare non significa che non ci sono
..sono entrato
scalzo mentre dormivi per non far rumore
sapendo di
perdere il momento nella tua realtà..
mi piace pensare
d’esserci nella realtà dei tuoi sogni..
osservare un
volto dormire
come guardare
un fiore dietro ad un vetro
si vede il
colore, ci s’immagina il profumo
frenetiche onde
di un mare che si scontrano sulla nave da dove lo si guarda
eppure non
fermarsi
riuscire a
camminare
con il forte desiderio,
a volte
di far rumore
per svegliarti
se non fosse
per la paura
di non sentire
quel profumo come me lo ero immaginato
in silenzio,
nel tempo, nel mio buio
oltre quel
vetro impermeabile al succo della realtà
se non fosse
per quell’incertezza
che l’immagine
di me genera
riflettendosi
nello specchio della mia anima
dove mi rimane
incomprensibile il gioco fra la realtà della vita e quella del sogno
[…]
poi non ti
sento più dormire
svanisci
ad un battito
d’occhi il tuo volto scompare
il mare
s’appiattisce
lasciandomi il
dubbio di cosa e chi stessi vegliando oltre quel vetro
sino ad un
attimo prima…
…te o me?
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