venerdì 30 settembre 2011

VICINO AL MARE


Questo non sarà il mare. È un lago. Una pozza grande. Ma per me adesso a più di 200 km dal mare è il mare. Il mio mare. Ci sono anche i gabbiani, e come sempre quando ci sono loro, io m’incanto a guardarli. Loro sanno giocare con il vento. In modo nobile ma diamine come sanno giocarci.
C’è un vento fortissimo e freddissimo. Un gabbiano è sopra di me assolutamente fermo, in un perfetto equilibrio fra il suo peso, l’inclinazione delle sue ali, la forza del vento. Poi si gira un po’, prende la giusta inclinazione e girando appena si lascia lanciare indietro dal vento e proprio nel momento in cui inizia ad essere lanciato dal vento incomincia ad urlare. Si diverte. Sta giocando. Poi un cucciolo di labrador mi sbatte contro la gamba saltandomi su. Anche lui vuole giocare e io non faccio in tempo a ritornare con i piedi per terra che la padrona lo richiama arrabbiata chiedendomi scusa in inglese e io non faccio nemmeno in tempo a far capire al cucciolo che anch’io voglio giocare. Con i labrador io voglio sempre giocare, in effetti adoro anche loro. Loro sanno giocare e sanno ridere.
Io invece in questo preciso istante non riesco a ridere, con la testa in mezzo a questo vento gelido che mi rallenta dentro, e…non faccio in tempo a giocare.
Ormai sono convinto che i più grandi saggi sono coloro che sanno giocare e che sanno ridere. In pratica i bambini e i vecchi, quando invecchiano bene e si ricordano del loro bambino che hanno dentro. Si dice che invecchiando si dimenticano tutte le cose in mezzo alla vita e si iniziano a ricordare le cose di quando si era bambini. In effetti si dice che da vecchi si ritorna bambini. Forse i giovani sono troppo impegnati a cercare di sopravvivere, di ritagliarsi un proprio posto in questo mondo per ricordarsi di vivere. Per ricordarsi di giocare e ridere in qualsiasi cosa che fanno. Giocare e ridere.
E questo cazzo di vento gelido mi sta facendo male anche alle orecchie, agli occhi. Devo tornare a casa. Mi manda in palla il cervello tanto che sto sbandando. Forse è meglio. Mi congela i pensieri. Devo ricordarmi di giocare e ridere. Nient’altro. Passo vicino ad un bambina che si lamenta con il padre dicendo cose in inglese assolutamente incomprensibili ora per me (credo che una lingua la si sappia davvero bene se si riesce a parlare con un bambino di sette anni in quella lingua…). E le sorrido. Mi sorride. Comunicazione avvenuta nella lingua umana dei sensi e non delle parole, quella la so parlare con tutti. E mentre torno a casa sorridendo al ricordo del sorrisino della bambina mi viene in mente il vecchio adagio: “Sorridi e il mondo ti sorriderà di ritorno. Piangi e piangerai da solo.”
Giocare e ridere. In tutto. Lascerò congelarmi questo pensiero in testa e speriamo che qui il sole arrivi il più tardi possibile…



Gioca il vento
Con la sabbia
Crea forme
E gira in tondo

[…]

Come il canto
Del mio Io
Modulante
Senza cadenze