giovedì 24 febbraio 2011

L'incontro

Non so se avete mai provato a lanciarvi contro onde del mare di due metri circa. Quando è incazzato. Di quel mare che non ha scogli a cento metri dalla riva per fermare onde e correnti. Di quel mare un po’ selvaggio, un po’ selvatico, un po’ pazzo. Bè se non l’avete mai fatto non sarò certo io a dirvi di provarci. È pericoloso, perché l’onda, dopo averti sbattuto a terra, ti risucchia da sotto mentre ne arriva un’altra che ti si scaraventa addosso lasciandoti a mala pena il tempo di respirare. E a volte in effetti il tempo di respirare fra uno sfracellamento sotto un’onda e l’altro non c’è, ed è per quello che bisogna prendere dei bei respiri, quando si può, perché non si sa bene quando poi si avrà l’opportunità di prenderne un altro. E bisogna essere aggressivi, bisogna combattere se si vuole riuscire a rialzarsi in tempo, se si vuole prendere l’onda successiva di petto per fargli vedere che se anche ti spezza in due, tu poi ci sei sempre. Bisogna essere veloci, forti, incazzati se si vuole avere la forza di rialzarsi per respirare, per vivere.
Però nonostante questo rischio vitale e reale, quelle onde mi hanno sempre attirato. Sai con certezza che ti sfracelleranno sulla sabbia bagnata e dura del bagnasciuga. Ma tu sei lì, che da lontano le guardi e nel mentre che le osservi nella loro potenza, il respiro ti si fa più veloce, più serrato, senti il sangue che non arriva più al cervello, senti le gambe che fremono, la rabbia che ti prende le punta delle dita. Allora stringi i pugni, serri i denti, quasi ridendo e ti lanci rabbioso correndo, prendendo il tempo giusto da lontano. Ma prima di partire, lì da lontano, ne scegli una bella grande che possa senza ombra di dubbio distruggerti e scagliarti al suolo e che una volta andata ti risucchi con violenza dentro la pancia della prossima. Si, perché vuoi avere la certezza di non aver la speranza di finire quello scontro in piedi e proprio per quello ti vuoi lanciare con tutta la rabbia che hai in corpo, senza risparmiare nulla, per metterci tutta la tua faccia contro quell’onda, con tutta l’energia che riesci a sprigionare. Per poi sentire che c’è un’energia contraria molto più forte della tua che ti polverizza come una mosca contro un tornado. Così cerchi da lontano quell’onda che ti polverizzerà, la vuoi scovare prima di partire di corsa per andarle incontro. Si, la vuoi scegliere, la vuoi vedere arrivare e poi ti ci vuoi scagliare dentro.
Poi altre volte capita che invece ti fermi un attimo prima di partire o appena dopo partito. Forse è un crampo. O forse è la tua testa che ti fa sentire un crampo e ti fa partire un po’ dopo, per farti perdere il tempo e farti scontrare contro quell’onda un secondo dopo, ma è quel tanto che basta per farti salvare dallo sfracello. E così poi cadi a terra lo stesso ma riesci a rialzarti prima che avvenga il risucchio nella pancia della successiva che ti avrebbe lasciato senza respiro e in balia della forza del mare…si a volte capita che l’istinto ci salvi dallo sfracello…e forse fu proprio l’istinto a "salvarmi" da te…

Come un gabbiano
Sfiora il becco nel mare
Mentre veloce vola
Così ti ho incontrata

Avrei voluto immergermi
Ma sarei stato travolto